Titolo della pubblicazione: La nascita della intersoggettività
Sottotitolo: Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia
Autori: Massimo Ammaniti, Vittorio Gallese
Editore: Raffaello Cortina Editore
anno di pubblicazione: 2014
ISBN: 9788860306562
Recensione di Ippolito Bonanno
Va subito detto, per dissipare dubbi nel lettore, che questo lavoro affronta la “nascitadell’intersoggettività” nel senso dello sviluppo ontogenetico delle strutture psichiche atte ametterci in relazione con l’altro, quindi riguarda lo sviluppo del Sé, e non la nascita dellaclinica psicoanalitica intersoggettiva che conosciamo attraverso i lavori di Stolorow, Atwood, Stern, Ogden e molti altri analisti statunitensi, anche se naturalmente l’orientamento di costoro prende le mosse proprio dalla ricerca moderna sullo sviluppo della matrice intersoggettiva di cui questo libro parla.E’ un libro in cui due correnti di ricerca tendenzialmente separate e distinte, come laclinica psicoanalitica e gli studi neurobiologici trovano una confluenza fruttuosa. MassimoAmmaniti è uno studioso di formazione psicoanalitica che ha dedicato il lavoro di una vita alla clinica e alla ricerca sulla psicopatologia dello sviluppo. Vittorio Gallese è uno dei piùautorevoli neuroscienziati contemporanei, fondatore della teoria della simulazione incarnata e tra i principali ricercatori che hanno contribuito alla scoperta dei neuroni specchio.Dai tempi in cui Sigmund Freud tentava, nel “Progetto di una psicologia scientifica”,(1895) di legare le conoscenze neurofisiologiche alla spiegazione del funzionamento psichico è passato molto tempo. Egli stesso dovette constatare l’insufficienza delle conoscenze del tempo per essere applicate e poter corroborare l’approccio psicoterapeutico da lui ideato agli inizi del secolo scorso, pertanto il “progetto” fu abbandonato anche se con la previsione e l’auspicio che l’approccio neurologico potesse in futuro ricongiungersi con quello psicoterapeutico.Che cosa è avvenuto in questi cento anni? La psicoanalisi ha gradatamente spostato ilfocus della propria disciplina sempre di più dall’Edipo alle prime relazioni oggettuali;dall’interpretazione del rimosso di una memoria semantica all’attenzione sul transfert dimemorie procedurali di un inconscio non rimosso; dalla considerazione delle forze pulsionali ai precocissimi condizionamenti reciproci della coppia madre-figlio; da una concezione di un neonato egocentrico e quasi autistico a un bambino già competente alla relazione sin dalle sue prime ore di vita. La neurobiologia dal canto suo si è avvalsa, nel corso degli anni, di strumenti scientifici che gli hanno consentito di penetrare in modo sempre più approfondito nel microcosmo anatomico dell’organismo. Dall’analisi delle cellule nervose si è passati all’analisi molecolare di quest’ultime, dalle considerazioni neuroanatomiche effettuate ad occhio nudo del cervello si è passati a un’analisi del suo funzionamento complessivo tramite le moderne tecniche di neuroimaging.
Nasciamo veramente autistici? La nostra identità personale precede la capacità di relazioni intersoggettive? Il linguaggio umano può essere ridotto al suo aspetto sintattico trascurandone la sua essenza dialogica? Nell’essere umano c’è qualcosa di qualitativamente speciale nella sua capacità di rappresentazione dell’altro o si tratta solo di una conseguenza del suo sviluppo intellettivo quantitativamente superiore rispetto a tutti gli animali? Per la prima volta forse la ricerca neurologica con la sua metodologia inevitabilmente riduzionista e la ricchezza dell’esperienza dell’incontro su cui si basano le osservazioni psicoanalitiche possono incontrarsi su un terreno fecondo.
La “rivoluzione” intersoggettiva, vede i suoi probabili precursori in Melanie Klein col concetto di identificazione proiettiva e Donald Winnicott con la sua celebre frase: “il bambino che guarda la madre e vede sé stesso nei suoi occhi”, ed anche naturalmente nella psicologia del Sé di Einz Kohut, ma un forte richiamo ai temi dell’intersoggettività lo troviamo soprattutto nel filosofo Martin Buber col suo libro “L’Io e il Tu”.Certo, lo psicoanalista si è formato nell’ambito di una teoria in cui campeggiano la primapersona (nel senso dell’Io e dell’introspezione) e la terza persona (ovvero come gli altri miappaiono e interagiscono con me) mentre l’approccio intersoggettivo sospinge ora l’attenzione sulla seconda persona del discorso, sottolineando la natura fortemente appunto intersoggettiva dello strutturarsi dell’apparato psichico. In un’ottica psicodinamica possiamo dire che questa nozione sposta ulteriormente il focus dell’attenzione clinica (che era stata precedemente spostata dall’Io al Sé) ora dal Sé al Noi (We-ness). L’inconscio rimane il cardine della psicoanalisi, ma nella sua declinazione intersoggettiva appare come un inconscio anche esoprattutto relazionale, così come resta la dinamica del desiderio ma al posto del desiderio rimosso del soggetto sembra sostituirsi il desiderio dell’altro, assorbito nella memoria implicita ed episodica del soggetto. L’idea di fondo che ispira questo lavoro è che le continue interazioni reciproche tra bambino e caregiver (tradizionalmente inteso come “madre”, ma che in linea conl’orientamento attuale qui si include anche il “padre”) sin dai primi giorni di vita, generano un processo che conduce alla realizzazione di un sistema psichico volto alla comprensione della mente dell’altro. Tale sistema ha delle connotazioni non solo psicologiche dedotto in astratto o dal comportamento osservato ma rilevabili in termini neuro anatomici.Va specificato che in quest’opera confluiscono non solo i contributi della psicologiadinamica e delle neuroscienze. ma anche quelli di discipline psicologiche diverse da quelle psicodinamiche come quelle cognitive: la visione dell’uomo come “elaboratore d’informazioni” ha condotto a una impressionante quantità di ricerche su come l’individuo impara a farsi una idea del funzionamento mentale dell’altro, (la cosiddetta “Teoria della mente”). Queste ricerche hanno scavato a fondo nella complessità dello sforzo dell’individuo di comprensione dell’altro, sforzo visto come la realizzazione di una mappatura sostenuta da una incessante e precocissima attività metarappresentazionale. E’ proprio sulla scia di questa ricerca cognitiva che è iniziata la feconda collaborazione con le neuroscienze nell’individuazione delle aree cerebrali interessate alla realizzazione della Teoria della mente.Secondo Gallese, alla base della “lettura” della mente altrui vi è l’intercorporeità, il presupposto della continuità biologica tra noi e gli altri. Sin dal concepimento “abitiamo”letteralmente nel corpo della madre ed una volta nati è attraverso il corpo che andiamo incontro agli oggetti. In questa visione è il sistema motorio a fornire i “mattoni” con cui costruiamo le nostre abilità sociali. I neonati, grazie alla dotazione neurale individuabile tra le aree motorie e quelle visive, sviluppatasi negli ultimi mesi di gestazione, sono in grado di imitare i gesti eseguiti dal caregiver adulto posto di fronte a loro. Questa abilità insieme ad altri riflessi e capacità elementari rendono possibile la realizzazione di comportamenti reciproci col caregiver tipici dei primi mesi di vita.A partire dalle notazioni di Spitz sul sorriso automatico che un neonato fa in risposta allapercezione di un volto umano, ci si è gradatamente resi conto di come le capacità imitativedegli esseri umani, e persino nei primati, sono estremamente e sorprendentemente efficienti sin dai primi giorni di vita. Di fronte ad un soggetto che compie una azione noi possiamo osservarlo ed imitarlo oppure semplicemente osservarlo. Nel primo caso si attiva realmente il movimento grazie alla via cortico-spinale, nel secondo caso il movimento è inibito, ma le componenti neuronali cerebrali sono comunque attivate, anche se parzialmente. In questo caso abbiamo una simulazione dell’azione invece che la sua realizzazione. Ciò avviene anche quando immaginiamo di compiere una data azione.I neuroni specchio sono parte di un sistema neurale che si attiva quando noi e gli altri facciamo qualcosa. A fianco di una più distaccata valutazione in terza persona di ciò cheosserviamo negli altri, nell’individuo si evocano delle rappresentazioni interne e in formato corporeo delle azioni e delle emozioni percepite nell’altro. Come se l’individuo che percepisce stesse lui stesso eseguendo quelle azioni o vivendo quelle emozioni. E’ questa in sintesi la teoria della simulazione incarnata, che viene considerata la base per una teoria dell’intersoggettività. Secondo questa teoria, di fronte ad un altro che esperisce una certa cosa non è che necessariamente esperiamo in modo specifico la sua esperienza ma di certo esperiamo l’altro come una persona che ha esperienze simili alle nostre. Inoltre un dato molto interessante è che più l’azione osservata rientra nel nostro repertorio di azioni, cioè ci è familiare, e più la risposta neuronale è anticipata e forte. Mentre la risposta è debole e ritardata di fronte ad azioni non consuete.Da un punto di vista adattivo e funzionale, tutto questo sembra fortemente collegato con la realizzazione di un apparato per prevedere anticipatamente l’azione. Ma è evidente che questo èanche collegato con la realizzazione di un apprendimento dell’emotività a partire dalla lettura delle espressioni dell’altro, secondo un meccanismo descritto da Gergely e Watson come biofeedback sociale. Questo apprendimento sarà quindi collegato con la previsione dell’azione altrui. Una visione questa in cui la nozione comportamentista di imitazione e quella psicoanalitica di introiezione si compenetrano. Ma ritroviamo in questa descrizione anche anche una spiegazione in termini neurologici dello sviluppo di quello che tradizionalmente viene definita in psicologia sociale come atteggiamento ed in psicologia dinamica come interiorizzazione dell’oggetto.Gli autori sottolineano i legami tra l’approccio intersoggettivo e la teoria dell’attaccamento.I forti punti di contatto che quest’ultima ha con l’etologia la rendono adeguata ad una ricerca su un tema psicologico che coinvolge aspetti neurofisiologici. Va però considerato che, mentre la teoria dell’attaccamento si fonda sulla ricerca del senso di sicurezza che un bambino piuttosto inerme ha verso il caregiver, l’approccio intersoggettivo vede un protagonista più attrezzato e competente volto alla realizzazione di scambi interattivi con il caregiver necessari alla mutua regolazione affettiva. Il libro contiene una vasta descrizione degli eventi prenatali e postnatali connessi con la determinazione delle basi neurobiologiche del fenomeno dell’intersoggettività. In tale direzione si procede ad una disamina delle principali ricerche in merito agli eventi cruciali dell’alba dello sviluppo ontogenetico del bambino: il desiderio e l’attesa del bambino; le modificazioni biologiche e psicologiche della madre in gravidanza; la descrizione del costrutto di attaccamento materno-fetale, le modificazioni dello sviluppo cerebrale di madre e bambino in relazione agli scambi relazionali della diade; il ruolo del padre, la cogenitorialità e l’interazione triangolare; l’importanza della sincronia, della contingenza e della condivisione dell’attenzione; gli effetti dello stress genitoriale, del maltrattamento e della trascuratezza.La lettura di questo libro, per il clinico, oltre a costituire una occasione per conoscere lostato attuale delle dell’Infant Research, ha anche il pregio di mostrare una rivisitazione inchiave neurobiologica di concetti classici o attuali tra cui la rappresentazione del desiderio e la percezione dell’oggetto di Freud, gli oggetti interni kleiniani, la depressione anaclitica di Spitz, la preoccupazione materna primaria di Winnicott i modelli operativi interni di Bowlby, la sintonizzazione di Stern e la mentalizzazione di Fonagy.