Nella primavera di venti anni, fra gli scaffali impolverati di una storica libreria, mi trovai fra le mani il racconto di Jensen. La storia della Gradiva, conosciuta nell’opera di Freud, mi aveva sempre affascinato. Qualche mese dopo, in una calda estate, mi accinsi a coinvolgere un gruppo di appassionati amici a seguirmi nell’avventura di farne un corto. Pomeriggi afosi passati con Paolo e Ornella a leggere pagine di quel libro, ricostruendo il lieve incedere del bassorilievo, resuscitando la donna sepolta nella cenere, e soprattutto rivivendo la potenza di un sentimento soffocato. Cercai di lasciare la storia e i dialoghi intatti, ma ne cambiai il tempo e lo spazio: un borgo sul mare dove ho le radici e un tempo attuale, ma indefinito, come fosse un sogno dentro l’altro.
Paolo Perrotti tenne molto a proiettare quel lavoro, frutto di un intenso lavoro analitico, di una possibilità di rappresentarsi e di manifestare il desiderio. Tenne anche a raccontare la sua impressione e, per quel che sento così vivo ancora oggi, della necessità di coltivare la creatività, della responsabilità di sostenerne la continuità e, ancora, di ricercare fino all’ultimo la verità di ciò che siamo.”
Gian Paolo Sammarco

 

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